Fragile per sempre. E altre storie

http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=37428&IDCategoria=52

È lo struggente titolo dell’ultimo dei tre appuntamenti dedicati al Contemporaneo presso il Palazzo Incontro di Roma. Dove materiali fragili, come vetro e ceramica, simboleggiano la precarietà dell’esistenza umana. In “Paesaggi complicati” il conflitto era tra l’uomo e la natura. Di nuovo debolezza contro una forza sovrana. Misurarsi con l’arte su questi temi “Non è facile”, come titolava la prima mostra [di Elisa Govi]
“Fragile per sempre” è l’ossimoro che dà il titolo all’ultimo dei tre incontri espositivi dedicati al contemporaneo a Palazzo Incontro, promossi dalla Provincia di Roma in collaborazione con il CIAC di Genazzano (fino al 18 maggio). Tre mostre, curate da Claudio Libero Pisano, che hanno posto l’attenzione su differenti tematiche del presente dell’arte, senza la pretesa di dare risposte, anzi con l’obiettivo di porre dubbi, interrogativi, sollecitare a soffermarsi sulla condizione umana e sul possibile significato dell’arte oggi a partire dal crollo del senso umano di onnipotenza fondato sulla materialità. Attorno ai tre focus sono stati individuati di volta in volta autori che per diverse strade sono arrivati ad incrociare i temi trattati. “Fragile per sempre” è un percorso strutturato attorno ad una riflessione sulla natura materiale e simbolica della ceramica e del vetro. La materia connota di sé tutto ciò che compone, a livello fisico e di significato, e l’arte ne fa da sempre una nota costante del proprio linguaggio. In altre parole, i materiali hanno una loro propria specificità che incide anche l’arte e che giustifica una mostra che gira attorno a questi elementi. Ceramica e vetro, materiali fragili, eppure potenzialmente imperituri. Una condizione duplice di debolezza e di forza. Esistere e resistere, continuare a lungo, dove però un segno contrario basta a rompere l’incantesimo. Vita e non vita giocati su un filo sottile, affidato a leggi imperscrutabili, uno stato che rimanda con naturalezza alla condizione degli uomini. Luci accese sulla peculiare fragilità della materia per dimostrare che riconoscere di essere fragili in un mondo a sua volta frangibile, forse permette di ripristinare un equilibrio perduto. In mostra otto artisti: Simone Bertugno, Gianni Dessì, Jacopo Mazzonelli, Laura Palmieri, Antonio Rovaldi, Donatella Spaziani, Ivana Spinelli, Antonello Viola. Per ognuno, il materiale impiegato non è unicamente un mezzo per realizzare il lavoro, ma parte attiva del significato dell’opera.

fragile per sempre. con interviste
17 mag 2012
Daniela Trincia

http://www.artapartofculture.net/2012/05/17/fragile-per-sempre-con-interviste-di-daniela-trincia/

Con Fragile per Sempre, si conclude il ciclo di mostre del Contemporaneo curato da Claudio Libero Pisano a Palazzo Incontro. Preceduta da Non è facile (con Kiki Smith, Nancy Spero, Alberto Di Fabio, Simone Cametti e Caterina Silva, dal 9 novembre al 12 dicembre 2011, con la quale si è indagato sull’intelligibilità di alcune opere che presentano più livelli di lettura) e da Paesaggi Complicati (con Gioacchino Pontrelli, Guy Tillim e Guido Van Der Werve, dal 16 marzo al 15 aprile 2012, in cui è stato analizzato il paesaggio nei suoi diversi valori simbolici e metaforici), è in quest’ultimo appuntamento che le difficoltà espositive proprie della sala sono state abilmente risolte e i lavori presentati perfettamente si collocano nello spazio, senza essere sopraffatti e fagocitati da esso.

Partendo dall’assunto che alcuni media, per loro natura, sono delicati, lo spettatore è invitato a riflettere sulla contraddizione interna di una simile considerazione perché materiali come il vetro e la ceramica, nella loro connaturata fragilità, al confronto con altri, sono quelli che invece incarnano e traducono una certa idea di eternità, poiché difficilmente, col passare del tempo, si deteriorano. In poche parole il vetro e la ceramica sono sì fragili, ma persistono per sempre, ovviamente se non sottoposti a traumi. Così è interessante vedere come, alcuni degli artisti coinvolti, si siano sperimentati con materiali a loro desueti. È il caso di Antonello Viola, Donatella Spaziani, Gianni Dessì e Laura Palmieri. Oppure osservare come altri lavori siano una sorta di prosecuzione di strade intraprese da precedenti artisti (Jacopo Mazzonelli che sembra aver dato corpo alle lettere scritte su vetro da Kossuth). Per altri artisti, la piena padronanza della materia si raffina e arricchisce il proprio immaginifico mondo vegetale (Simone Bertugno). E, infine, come un materiale come il vetro possa acquisire un aspetto minaccioso e inquietante (Ivana Spinelli).

Ne parliamo direttamente con il curatore Claudio Libero Pisano e con gli artisti. A lui le prime domande:

Claudio, con Fragile per Sempre termina il ciclo di tre mostre organizzato a Palazzo Incontro. Ogni mostra ha un tema ben preciso che hai voluto approfondire, quale?

”Non è facile mi interessava indagare l’attimo successivo al primo sguardo. Siamo abituati adare un’occhiata piuttosto che guardare nel senso profondo. Le opere esposte avevano tutte una caratteristica che le accomunava: restituivano la loro poetica solo dopo un’osservazione più mirata. Oltre la piacevole superficie. In questa mostra, inoltre, ho voluto mettere il relazione lavori di artisti molto affermati e due giovani artisti romani. Paesaggi Complicati nasce, invece, dalla necessità di restituire un’idea di paesaggio mentale piuttosto che legata ad un’iconografia precisa. Ogni artista ha una propria idea di paesaggio, che sia un ambiente esterno o un contesto chiuso, e la mostra, attraverso tre artisti che si esprimono con media differenti (foto, video e pittura), è un breve viaggio attraverso questa idea restituita; è avere la possibilità di entrare nell’universo creativo di ciascun artista e ascoltare con gli occhi la sua idea di paesaggio. Il termine complicato non è necessariamente inteso nella sua accezione negativa. È percepito come complicato tutto ciò che esce da dinamiche e meccanismi già dati.”

Mentre quello specifico di Fragile per Sempre?

“Fragile per sempre è un progetto che ruota intorno a due materiali (vetro e ceramica), fragili appunto, ma che in realtà sono durevoli più di altri se posti in condizioni di non vulnerabilità. È con la ceramica e non con il ferro che ad esempio si datano le epoche in archeologia. Ceramica e vetro poi sono poco usati nell’arte contemporanea. La prima sconta una tradizione consueta che la lega all’artigianato e il secondo ha difficoltà esecutive e logistiche di preparazione piuttosto importanti. A parte grandi artisti che hanno fatto della ceramica un tratto distintivo della loro poetica (Leoncillo, Cerone, Ontani), nelle generazioni più giovani si utilizza non più come semplice materiale ma come elemento integrante nella definizione dell’opera.”

Per te si può leggere Non è Facile come un invito ad andare oltre l’aspetto formale per cogliere piuttosto un concetto che sottosta al lavoro? E Paesaggi Complicati un invito a riflettere su ciò che ci circonda? E Fragile per Semprecome un’indagine sulle contraddizioni interne di alcuni luoghi comuni?

“Certamente: Non è facile è anche un invito a non fermarsi al primo aspetto, ad andare oltre la prima, seppur positiva, impressione che un’opera può innescare; Paesaggi Complicati è un suggerimento ad ascoltare la voce degli artisti, a entrare nel loro universo creativo; Fragile per sempre oltre a quanto detto sopra, è un’indagine su un’apparenza di fragilità che in realtà attraversa i secoli.”

C’è quindi una riflessione generale, un filo rosso che lega le tre mostre?

“Il filo rosso per tutte le mostre, che compongono un unico progetto espositivo, è quello di preservare uno spazio predisposto a vedere altrove, lasciandosi alle spalle ogni rassicurazione su come l’arte vada assunta. Per quanto mi riguarda credo che l’arte vada sempre approcciata considerando lo sguardo dello spettatore. A chi guarda è quindi offerta una responsabilità. Che va preservata, con cura.”

Secondo quale idea hai scelto gli artisti di Fragile per Sempre?

“Ho scelto di selezionare artisti di generazioni diverse. In alcuni casi è stata decisiva la conoscenza di un lavoro specifico che corrispondeva a tutte le premesse del progetto, per altri casi è stato un lavoro di squadra, di sollecitazioni reciproche che hanno portato a lavori realizzati appositamente per questa mostra.”

Qual è stata la maggiore sorpresa avuta in ogni mostra? E in Fragile per Sempre?

“Sicuramente per tutte la rispondenza di un pubblico non specializzato sul contemporaneo.”

Qual è stata la principale difficoltà incontrata nel corso del ciclo di mostre?

“Non parlerei di difficoltà, all’inizio sembrava che lo spazio non rientrasse nei canoni dei luoghi destinati a mostre di questo tipo. È stata una sfida anche quella, verificare che forse non esistono luoghi preposti e altri no. Esistono progetti più o meno interessanti e i luoghi per quanto difficili si plasmano su quanto si ha da dire.”

Ciò che maggiormente ti ha gratificato?

“Quest’idea di portare il contemporaneo a Palazzo Incontro nasce nell’ambito del progetto ABC della Provincia di Roma che ha creduto, in modo non formale, alla possibilità di proporre progetti di qualità anche in contesti non deputati. La rispondenza avuta è quanto di meglio potessimo aspettarci. Altre gratificazioni sono le conferme continue che personalmente ho nel rapporto con gli artisti, sempre più mi convinco di quanto sia decisivo, da loro imparo costantemente qualcosa che so che tornerà utile nel tempo.”

Un aneddoto sulla mostra?

“Gli allestimenti di ogni mostra sono pieni di aneddoti. Quello che forse mi piace ricordare è la leggerezza con la quale siamo riusciti ad affrontare le difficoltà allestitive.”

Ora passiamo a intervistare gli artisti ai quali sono state, invece, sottoposte due domande:

1. Ci dici un aggettivo, o comunque un concetto, che possa definire il lavoro esposto?
2. Ci confidi una curiosità sul lavoro?

Ecco le loro risposte, rigorosamente in ordine di arrivo:

Laura Palmieri:

1. ” La morte”;

2. “L’opera goffamente esprime qualcosa, non tutto, sul passaggio dalla vita alla morte, sarà così netto? La scala gioca sull’ambiguità, non si sa se si sale o si scende, comunque è un piccolo aiuto, una fisicità unicamente visiva per accompagnarci, barriera architettonica, luogo del pensiero, spirale, inferi dove è il regno dei morti, investigare andare ed aver la possibilità di tornare indietro, la scala luogo inutile ma funzionale, cripta e pausa. Avventurarsi … nella zona del vuoto che si lascia e del vuoto che si va a raggiungere; lentamente andiamo verso la morte ma abbiamo del tempo in questo percorso, un tempo fisico che ci riporta non ci porta. Soltanto per il fatto che qualcuno c’è stato prima di noi, quella memoria giudicata dal di qua, ci porta di là con una consapevolezza sempre differente rispetto alla nostra esperienza di morte in vita. La sensazione è quella di non essere del tutto certi di poterci fare un’idea di quando saremo di là, quindi la nostra esperienza di morte vale già qui, perché noi siamo qui, ma non c’è niente di fisico nell’esperienza ipotizzata della morte, se non qualche esasperante tentativo eucaristico (che poi è una moda del mondo cattolico che ha avuto molto successo), a cui sinceramente è difficile credere; per quanto mi riguarda, per niente rassicurante il fatto di portarsi dietro il corpo. Noi artisti, che spesso non abbiamo nessuna paura della morte ma del dolore sì, abitiamo volentieri gli interstizi inutili, i passaggi.”

Ivana Spinelli:

1. “Immersivo.”

2. “Non so cosa può essere curioso… che l’opera nasconde dei simboli, ed è una specie di macchina per la visione oppure ci sarebbero diversi aneddoti… Il lavoro, rispetto alla sua prima installazione nella galleria oltre dimore (che ha fortemente collaborato alla sua realizzazione) è stato ripulito di tutte le bottiglie e i cocci dalla donna delle pulizie! Un errore che mi ha fatto innervosire ovviamente, ma che poi mi ha fatto sorridere e pensare che il problema della fruizione dell’opera d’arte non è affatto scontato; e in fondo quel che mi interessa è proprio come guardiamo alle cose.

Antonio Rovaldi:

1. “Non saprei indicare un aggettivo in particolare. Scegliere un aggettivo per una propria opera credo sia particolarmente difficile; per l’opera Nessuntempo mi risulta poi praticamente impossibile. Sarà per la sua superficie dorata, la sua fragilità e la sua iconica compostezza.”

2. “La versione originale di Nessuntempo vedeva le due pinne dorate in posizione orizzontale in bilico su un trampolino, nell’attimo che precede un tuffo nel vuoto; per la mostra ‘Fragile per sempre’ le pinne si sono trasformate, nella loro verticalità, da scultura tridimensionale ad immagine bidimensionale. Avevo una certa idea di fissità dello sguardo mentre realizzavo quest’opera, di azzeramento del tempo, tipico dei momenti in cui si compie un’azione che richiede uno sforzo fisico molto impegnativo. Il momento che precede un tuffo, per esempio, credo sia simile ad una sorta di azzeramento del tempo.”

Donatella Spaziani:

1. “Frammenti di resistenza o apparentemente fragile, o meglio frammenti di vita.”

2. “Ho dovuto imparare a rompere le mattonelle in modo da ottenere le fratture che mi interessavano per cui ho trascorso una domenica armata di tenaglie, martello, punteruolo… con le mani dolenti e sommersa dai cocci fino a ad ottenere quello che avevo in mente.”

Simone Bertugno:

1. “Per questa scultura trovo appropriato l’aggettivo ALIENO, nel senso proprio del termine di proveniente da un altro mondo che nell’accezione biologica del termine, come una specie alloctona, ovvero che abita o colonizza un habitat diverso da quello originario, ma che in quell’habitat vive e prospera.”

2. “Questo lavoro, come altri, non ha avuto disegni preparatori ma ha preso forma da una visione, concretizzatasi, attraverso le mie le mie mani, direttamente nell’argilla.”

Jacopo Mazzonelli:

1. “In(tangibile)”

2. “Pile di lettere in bronzo reggono un vetro delle dimensioni del mio corpo. I caratteri sono ricoperti di pigmento blu. Un blu che appare nella sua intensità solo se la luce lo avvolge. Quando ho scelto quel colore ho pensato ad una frase di Kant: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.

Gianni Dessì:

1.; 2. “…non ho parole ….”

Antonello Viola:

1. “Empatia.”

2. “Se Claudio Libero Pisano non mi avesse proposto di sperimentarmi con questo media, cioè il vetro, probabilmente da solo non lo avrei mai fatto. È per me un materiale nuovo, concettualmente non empatico, ma al quale mi sono approcciato in altra maniera, ma sempre fedele alla mia prassi artistica, lavorando sempre per velature e facendo un buon lavoro di sintesi.”.

Fragile per sempre ha visto la partecipazione di otto artisti: Simone Bertugno, Gianni Dessì, Jacopo Mazzonelli, Laura Palmieri, Antonio Rovaldi, Donatella Spaziani, Ivana Spinelli, Antonello Viola che hanno proposto opere realizzate in ceramica e vetro, per antonomasia percepiti come fragili. In realtà, si tratta di materiali che, se collocati in condizioni non traumatiche, resistono all’usura del tempo molto più di altri, conosciuti come oggetti indistruttibili. Quelle esposte, sono tutte opere in cui il materiale non è unicamente mezzo per realizzare arte, ma diventa esso stesso parte integrante della poetica espressiva degli artisti che ne hanno fatto uso.

Info